Ferdinando Innocenti detto "Il Rossino"

Già verso la metà del Seicento un nobile tedesco, il Prof. Kircher, aveva notato sui rivestimenti dell'altare della chiesa di S. Sebastiano, a Roma, degli strani marmi con figure simili ad una città in rovina.

Questo marmo ruiniforme, come lo chiamò nel suo trattato "Mundus Subterraneus" del 1664, veniva da Firenze. Ed infatti i tagliatori di pietre dure di Firenze, arte allora assai fiorente, avevano da tempo scoperto la bellezza di questa pietra, che veniva estratta in gran segreto in alcune località del comprensorio.

Nel 1700 e nel secolo successivo questa pietra conobbe la gloria dei salotti mondani, venne usata non solo per produrre mosaici, ma anche come quadro per adornare le ricche ville borghesi. Poi, come sempre accade, anche la Paesina passò nel dimenticatoio e per molti anni non se ne sentì più parlare. Ma agli inizi degli anni 1970, fu trovato morto in un boschetto un anziano signore, che era solito recarsi in tale località a raccogliere strane pietre. Si scoprì che era l'unico depositario del segreto della pietra Paesina. Alla profondità di un metro, al limite tra un bosco di lecci ed un campo coltivato, si trovava uno strano muro a secco naturale, composto per la maggior parte da blocchi di pietra Paesina.

Ma chi era il cercatore trovato morto?

Ferdinando Innocenti, detto il Rossino, era il discendente di una famiglia di cercatori che si erano tramandati il segreto della "Pietra Paesina". Suo padre, Raffaello Innocenti, il "Rosso" (1868-1930), aveva ricevuto, da giovane, la mappa del giacimento da Alberto Menegatti e la teneva segreta come un tesoro. In vecchiaia aveva portato il figlio Ferdinando, nato a Settignano nel 1901, nella località segreta e gli aveva insegnato il "mestiere".

Ma il Rossino solo da anziano aveva ripreso la tradizione familiare, sollecitato dagli stessi artigiani del mosaico (Commesso Fiorentino), mantenendo però sempre il segreto sull'ubicazione del giacimento. Si dice che partisse la mattina presto, fingendo di andare a caccia, col pullman o in bicicletta e poi a piedi, portandosi dietro una balla di juta. Ritornava a sera con una o due pietre da far segare e lucidare da un suo amico marmista. La maggior parte della Paesina la dava ai mosaicisti, ma una parte la vendeva direttamente su un bancarella al Mercato di San Lorenzo a Firenze.

Purtroppo gli anni e gli acciacchi gli resero sempre più difficile effettuare i suoi "viaggi in collina" , finchè dall'ultimo non fece più ritorno, lo trovarono morto vicino ad un ulivo, appoggiato alla sua "balla" piena di pietra Paesina.